lunedì 8 luglio 2013

Resoconto della seduta del CdA del 28 giugno 2013

Come promesso in precedenza, avvio un rapido resoconto delle sedute del Consiglio di amministrazione, limitandomi a quelli che mi sembrano i punti più salienti di volta in volta all’ordine del giorno e che implicano scelte delicate, delle cui motivazioni intendo dare conto, accettando critiche e suggerimenti da tutti i colleghi che vorranno farmi pervenire il loro contributo di idee.

Nella seduta del 28 giugno, il punto per me più delicato è stato quello riguardante il parere richiesto al Consiglio circa l’eventuale rinuncia ai giudizi derivanti dalle vertenze sollevate da 5 dei 26 ricercatori universitari che, avendo maturato un’anzianità contributiva di almeno 40 anni, sono stati collocati a riposo da questo Ateneo in base alla legge 133/2008.
Alcuni colleghi, ritenendo illegittima per difetto di motivazione la risoluzione del rapporto di lavoro operata dall’Ateneo, hanno proposto ricorso dinanzi al TARS – Catania; il Tribunale adito si è pronunciato in favore dei ricorrenti sia in sede cautelare che nel merito, ignorando di fatto la modifica nel frattempo introdotta dall’art. 16, c. 11 del D. L. 98/2011, sebbene la stessa sia stata segnalata al TARS dal C. G. A., a suo tempo investito della questione. Quest’ultima modifica normativa prevede, infatti, che la pubblica amministrazione «in tema di risoluzione del rapporto di lavoro […] non necessita di ulteriore motivazione, qualora l’amministrazione interessata abbia preventivamente determinato in via generale appositi criteri applicativi con atto generale di organizzazione interna, sottoposto al visto dei competenti organi di controllo».
L’Ateneo ha proposto appello avverso le sentenze del TARS – Catania per il tramite dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo.
Questo è l’antefatto.
La discussione in seno al Consiglio di amministrazione del 28.6.2013 si è generata per l’iniziativa autonoma presa dal Rettore che, con una lettera inviata il 13.6.2013, ha invitato la predetta Avvocatura a chiedere al C.G.A. un rinvio della trattazione della domanda cautelare (prevista per il 19.6.2013) in ragione di non meglio precisate «nuove politiche di spesa varate dal Governo nazionale»; ciò, in attesa che gli organi accademici competenti valutassero l’interesse e l’opportunità di proseguire il giudizio.
L’Avvocatura distrettuale, con nota del 17.6.2013, non ha potuto fare a meno di rilevare, con non velato disappunto, la palese contraddittorietà della condotta dell’Ateneo, fortemente lesiva, peraltro, dell’iter difensivo seguito, ed ha sollecitato l’Ateneo medesimo ad addivenire ad una determinazione definitiva sul da farsi.
Dal confronto dialettico con i consiglieri sono emersi preliminarmente aspetti utili per fare chiarezza sulle specifiche competenze degli organi accademici in materia di gestione delle liti. Assodato che le norme di legge e di statuto fissano tali competenze in capo al Direttore generale, sentito il Consiglio di amministrazione, è stata poi sottolineata la necessità di assicurare parità di trattamento rispetto ai 21 ricercatori che, con indubbio stile e manifestando grande sensibilità nei confronti dei giovani precari della ricerca, hanno accettato – e molti di loro condiviso – il modus operandi dell’Ateneo in relazione alla legge n. 133/2008.
Oltre che sull’equità e sulla necessità di stabilire in modo certo e definitivo linee di condotta uniformi, è stato posto l’accento anche sugli aspetti economici della vicenda: infatti, le risorse economiche “liberate” dai ricercatori collocati in pensione possono costituire fonte di ossigeno per le scarse disponibilità dell’Ateneo e possono ingenerare piani propositivi per il turn over, consentendo, così, di dare risposte concrete ai tanti giovani che da anni spendono le proprie energie al servizio dell’Ateneo e per i quali, al momento, le prospettive sono labili e del tutto inesistenti. Solo indicativamente, si rileva che i ricercatori collocati a riposo hanno prodotto un’economia stipendiale di oltre un milione di euro annui.

Dall’ampia e articolata discussione è scaturita la decisione di proseguire le azioni legali già intraprese.

giovedì 9 maggio 2013

Stabilizzazioni TD e PUC


(Intervento di Giulio Fortini a commento del mio post precedente)



In merito al comunicato UIL del 7.5.2013, devo chiarire (o meglio, ribadire) che l’accordo tra Regione e Università, per il passaggio del personale universitario a carico dei Policlinici, ha riguardato tutti e tre gli Atenei siciliani. Non si è trattato affatto di un’iniziativa del solo Ateneo catanese, né di una presa di posizione esclusiva dello stesso.
A chiarimento del documento diffuso via mail dall’UIL, va osservato che il presidente del TAR Palermo si è limitato a prendere atto della volontà dei sindacati di ritirare il ricorso, senza entrare nel merito della questione.

Pertanto, fino alla stipula di un’eventuale transazione (che auspico tuteli gli interessi della comunità universitaria catanese, e per tale risultato mi impegno sin d’ora in qualità di senatore accademico) ovvero fino alle decisioni che saranno assunte dal TAR Catania sul ricorso dell’Ateneo, l’accordo rimane integralmente vigente e ciò permetterà di utilizzare i punti organico dei quali ha dato notizia, in modo circostanziato, il prof. Enrico Iachello nel suo blog (http://www.enricoiachello.blogspot.it), in particolare per le stabilizzazioni dei colleghi TD e PUC.



Giulio Fortini

martedì 30 aprile 2013

Un programma condiviso


Riparte il blog (http://www.enricoiachello.blogspot.it/), strumento che mi ha consentito di sperimentare, con soddisfazione, un nuovo modo di comunicare con la comunità universitaria (ma anche col territorio) quando ho maturato il proposito di candidarmi alla carica di rettore.
Riparte dopo un paio di mesi, durante i quali ho riflettuto a lungo, analizzando l'evolversi degli eventi seguiti all’elezione del nuovo rettore e proseguendo nel mio impegno istituzionale di consigliere di amministrazione dell'Ateneo. Riparte, perché mi sono detto che è opportuno, soprattutto in un momento che impone scelte difficili, dare conto ai colleghi, ma anche alla città, di quanto mi trovo a decidere, con gli altri consiglieri, in quell'organismo (presieduto dal rettore) a cui la legge conferisce, com’è noto, la responsabilità (nel senso letterale e non solo politico del termine) del governo dell’Ateneo.

Tra il 21 e il 28 febbraio scorsi, si è deciso, da parte mia e del prof. Giuseppe Vecchio, di desistere dalla competizione elettorale per il rettorato: un segnale di unità, per far sì che la comunità universitaria riuscisse a trovare la compattezza necessaria per affrontare i delicati e difficili problemi che l’Ateneo – insieme al Paese e al sistema universitario nazionale – ha di fronte. Di qui la decisione di dare piena fiducia al prof. Giacomo Pignataro (che aveva ottenuto più voti al primo turno, seppure non corrispondenti alla maggioranza del corpo elettorale), affidandogli, attraverso un’elezione, al secondo turno, col contributo di tutti, il processo di ricompattamento dell’Ateneo. Tale decisione è stata assunta con la massima rapidità, per spegnere un confronto elettorale la cui prosecuzione poteva risultare ‘divisiva’, il che non ha consentito, visti i tempi stretti, di mettere mano, prima dell’elezione del nuovo rettore, alla costruzione – insieme al candidato Pignataro, beneficiario della desistenza – di un programma delle cose da fare, tale da risultare condiviso dalle diverse ‘anime’ dell’Ateneo, variamente rappresentate negli organi collegiali. A questo compito, alla costruzione cioè di un programma condiviso, non possiamo adesso sottrarci. E ciò vale, in particolare, per quel che mi riguarda più direttamente, per l’organo di cui faccio parte, il Consiglio di amministrazione, a cui compete – per espressa previsione della legge di riforma – l’indirizzo strategico dell’Ateneo.

La riapertura del blog da parte mia si colloca all’interno di quella decisione ‘immediata’ e quindi mira a coinvolgere tutto l'Ateneo in questo processo di costruzione del programma unitario, che, per essere reale, deve riguardare tutte le componenti dell'Ateneo e trovare espressione negli organi che lo governano: il Senato accademico e, appunto, il Consiglio di amministrazione. Le dimissioni del past-rettore, il prof. Antonino Recca, lette da tutti come un gesto apprezzabile di sensibilità istituzionale, hanno accelerato l’insediamento del prof. Pignataro e consentono di aprire da subito questo processo. Ciascuno ora deve fare la sua parte, dai docenti al personale tecnico-amministrativo, agli studenti, al Nucleo di valutazione, ai componenti del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione, al direttore generale, al rettore, nel rispetto delle competenze e dei ruoli che la legge assegna a ciascuno di loro.
Nello svolgimento del mio incarico, intendo sottoporre a verifica ampia e quotidiana il mio contributo alla ricomposizione della nostra comunità. Con chiarezza e franchezza: saranno i colleghi a orientare le mie scelte di consigliere di amministrazione. La riapertura del blog serve allora a cercare il confronto e il conforto (la legittimazione, se si vuole) della comunità universitaria. Invito i colleghi a farmi pervenire il loro contributo di idee; da parte mia, la massima disponibilità a condividere il mio blog con tutti coloro che vorranno intervenire: questo spazio è a disposizione di tutti coloro che, con serenità e con spirito collaborativo, vorranno arricchirlo.

La ricomposizione, con il coordinamento del nuovo rettore, non può avvenire – credo sia chiaro a tutti – attraverso astratti proclami, ma deve concretizzarsi in un percorso di condivisione delle scelte difficili che la situazione impone al nostro Ateneo. Messe da parte le polemiche e risolti i conflitti che pur ci sono stati (e laddove permanessero motivi di attrito sarà bene esplicitarli e cercare di risolverli con la serenità di una fase non più elettorale, attraverso un confronto positivo), occorre fare fronte a una situazione che è davvero drammatica. Anche in recenti interviste rilasciate agli organi di informazione, il rettore ha sottolineato le difficoltà in cui ci troviamo, difficoltà che avevo peraltro già evidenziato durante i dibattiti elettorali. «Le risorse che ci trasferisce lo Stato, – ha dichiarato Pignataro – da quest’anno, non saranno più sufficienti a pagare gli stipendi». Non è l'unico problema, ma evidentemente è ‘il problema’; esso impone una gestione oculata del bilancio e costringe appunto a scelte dolorose. È giusto, di più, credo, è necessario, che i dipartimenti siano coinvolti di fronte alle scelte più delicate. Vanno cioè informati e, a mio avviso, richiesti di esprimersi in modo che il Senato e il Consiglio, ognuno per quanto di propria competenza, possano deliberare, sia pure in piena autonomia, consapevoli degli orientamenti prevalenti in Ateneo.


LA VICENDA POLICLINICO
Uno dei problemi più scottanti che ci troviamo di fronte, che richiede l’individuazione di una soluzione condivisa, riguarda la vicenda del personale passato al Policlinico a partire dal 1 marzo 2012, di cui si è discusso durante la campagna elettorale, ma che è opportuno affrontare ora con la concretezza e con la serenità necessarie. Non ho posizioni pregiudiziali sulla questione, ma vorrei che a tutti fosse chiara nella sua portata e nelle conseguenze drammatiche che potrebbero derivare da scelte sbagliate. L’unico principio che mi guida è l’interesse dell’Ateneo. E poiché sono convinto che questo è un principio che tutti condividiamo, confido in un confronto sereno.

Ricordo, anzitutto a me stesso, che tale vicenda origina dal vigente protocollo d’intesa fra la Regione Siciliana e l’Università di Catania. In particolare, l’art. 14, n. 6, del protocollo d’intesa rinviava a successive e specifiche intese tra i due enti la definizione di un percorso giuridico-amministrativo per far sì che il personale universitario impegnato in attività assistenziali fosse assorbito dall’azienda Policlinico. In virtù di tale previsione protocollare, l’assessore della Salute della Regione Siciliana e il rettore pro tempore dell’Ateneo catanese hanno siglato, nel dicembre 2011, un accordo quadro (di attuazione dell’art. 14, n. 6, del protocollo d’intesa) che ha demandato a intese dirette tra l’Ateneo e il Policlinico il passaggio dall’una all’altra istituzione del personale interessato. A tale accordo quadro ha fatto seguito l’accordo attuativo del 27 febbraio 2012, che ha prodotto il trasferimento di cui sopra, con effetti giuridici immediati (dal 1 marzo 2012 il personale è alle dipendenze dell’azienda Policlinico, da cui viene regolarmente retribuito) e con effetti finanziari, corrispondenti al costo stipendiale del personale, spalmati nell’arco del quinquennio 2012-2016, con riduzione progressiva della quota a carico dell’Università pari a un quinto del costo complessivo del personale in ragione di ciascun anno.
Va precisato che l’accordo attuativo, la cui piena legittimità è stata acclarata con un provvedimento positivo della Commissione di certificazione dell’Università di Venezia, non ha in alcun modo intaccato il trattamento economico-normativo goduto da ciascuno dei dipendenti trasferiti, i quali sono persone che già da tempo lavoravano presso il Policlinico, per le quali l’Università si è limitata, sino al marzo 2012, a pagare somme equivalenti all’ammontare degli stipendi universitari, senza trarne alcuna effettiva controprestazione lavorativa. In sostanza, è il costo stipendiale che è stato correttamente trasferito dal sistema universitario al Policlinico, giacché è proprio il sistema sanitario che si è avvalso e continua ad avvalersi del contributo professionale di tali risorse umane.
Lo stato di cose di cui sopra – derivante da un accordo quadro bilaterale, di diritto privato, posto in essere dalla Regione Siciliana d’intesa con l’Università di Catania – è stato revocato unilateralmente, con atto di diritto pubblico, dall’Assessorato regionale della Salute, su sollecitazione dei Ministeri della Salute e dell’Economia, sulla base di un presunto aggravio di spesa pubblica, prodotto dal trasferimento. Tale aggravio di spesa è invero inesistente: la spesa pubblica, corrispondente agli stipendi versati a favore del personale operante presso il Policlinico, è rimasta la stessa, pur se finalmente posta a carico dell’ente (la Regione Siciliana, e per essa il Policlinico) che si avvale (e si è sempre avvalso) delle prestazioni professionali del personale trasferito. L’Università di Catania, pertanto, ha prontamente reagito, con delibere del Consiglio di amministrazione, a tali decisioni dell’Assessorato regionale, evidentemente lesive del buon diritto e degli interessi della comunità universitaria, e – in sintonia con le Università di Messina e di Palermo – si è già premurata di depositare un ricorso al TAR (preconizzato dall’allora coordinatore del Comitato regionale universitario della Sicilia, prof. Roberto Lagalla), confortata dalla recentissima giurisprudenza amministrativa in materia di accordi bilaterali tra enti pubblici.
L’Università di Catania, pur confidando ragionevolmente in un esito favorevole del ricorso al TAR, si era già detta disponibile anche all’individuazione di una soluzione transattiva della vicenda, che tuttavia salvaguardi i legittimi interessi dell’Ateneo catanese, e ha anzi sollecitato in tal senso un intervento di mediazione dei ministeri interessati (cfr. delibera del 7 gennaio 2013).

Ma quali sono gli interessi in gioco, i vantaggi prodotti dal trasferimento del marzo 2012, a cui l’Università dovrebbe rinunciare qualora decidesse di azzerare il risultato dell’intesa allora raggiunta con la Regione Siciliana? Si tratta di vantaggi di indubbio rilievo, a cui è assai difficile rinunciare, soprattutto in considerazione del momento di grave difficoltà finanziaria in cui versano gli atenei, compreso il nostro.
Il costo stipendiale, annuale e complessivo, del personale passato al Policlinico è di € 9.231.036,28. Tale costo sarà interamente a carico del Policlinico nel 2016, ma già nel 2012 l’Ateneo ha risparmiato € 1.842.607,26, e nel 2013 risparmierà € 3.685.214,51 (saranno circa 5,5 i milioni di euro risparmiati nel 2014, e circa 7,4 quelli che si risparmieranno nel 2015). Un bel po’ di denaro, quindi, che l’Ateneo potrà ben impiegare, sulla base delle scelte che verranno operate dagli organi di governo, orientati dalla comunità universitaria, anzitutto per salvaguardare il proprio equilibrio di bilancio (e per assicurare così anche il pagamento degli stipendi, oggi messo in dubbio anche dal rettore), ma anche – ove le condizioni economiche lo consentissero – per finanziare i nuovi dottorati di ricerca (nel rispetto di quanto stabilito dalle norme di riforma degli stessi), per supportare le iniziative di ricerca di Ateneo, per garantire il mantenimento del nostro patrimonio bibliografico (anche alla luce di un finanziamento regionale che sta via via scomparendo), per pagare eventualmente integralmente gli incarichi di insegnamento (quelli svolti dai ricercatori a tempo indeterminato, ma anche quelli aggiuntivi al carico didattico assicurati dai professori ordinari e associati, e dai ricercatori a tempo determinato), per migliorare il livello e la qualità dei servizi tecnico-amministrativi. E si tratta soltanto di un elenco di esigenze, che mi viene da fare a una prima approssimazione, da integrare con le indicazioni che mi proverranno dai colleghi della comunità universitaria.

Ma v’è di più. Il passaggio al Policlinico ha prodotto cessazioni nel 2012 corrispondenti a 70,15 punti organico (che si sommano ai 62,10 punti organico derivanti dalle altre cessazioni avvenute nel 2012). Di qui, tenuto conto delle norme di legge in vigore e di quanto avvenuto nel 2012, l’Ateneo può contare – in virtù del passaggio al Policlinico – su circa 11 punti organico per assunzioni nel corso del 2013, da destinare alla stabilizzazione di circa 45 unità di personale tecnico-amministrativo attualmente con rapporto di lavoro a tempo determinato (TD e PUC). Altri 10 punti organico (derivanti dalle altre cessazioni 2012) resterebbero liberi, per essere utilizzati dai dipartimenti, individuato quanto prima un criterio di distribuzione condiviso (che va urgentemente stabilito anche per i 18 posti di ricercatore di tipo A già programmati), al fine di dare risposta alle aspettative dei precari della ricerca (giovani, già ricercatori e assegnisti, che aspirano a una stabilizzazione attraverso un contratto di ricercatore di tipo B e altri giovani che aspirano al primo ingresso nel mondo della ricerca universitaria attraverso un contratto di tipo A), nonché ai professori associati che guadagneranno l’abilitazione a ordinario (laddove, invece, gli abilitati ad associato potranno contare sui 32,40 punti organico assegnati all’Ateneo attraverso il piano straordinario per la chiamata dei professori associati).
Enrico Iachello

giovedì 28 febbraio 2013

Comunicato del 28 febbraio 2013

Formulo al rettore eletto Giacomo Pignataro i migliori auguri di buon lavoro. Come ho già dichiarato all'esito della prima votazione, confido nel fatto che il collega Pignataro saprà mettere a frutto la ritrovata compattezza dell'Ateneo, manifestatasi in questo secondo scrutinio, per mobilitare tutte le energie della comunità universitaria, al fine di affrontare i delicati problemi che ci attendono nell'attuale fase difficile per il Paese e per la sua Università.
Enrico Iachello

giovedì 21 febbraio 2013

Comunicato del prof. Enrico Iachello



Prendo atto del risultato elettorale favorevole al collega Giacomo Pignataro. Mi auguro che, come ho sempre sostenuto anche in pubbliche interviste, chiusa la competizione elettorale la comunità accademica ritrovi la compattezza indispensabile per affrontare i delicati e difficili problemi che ha di fronte.

Enrico Iachello

lunedì 18 febbraio 2013

Appello per Enrico Iachello

Siamo ormai quasi al termine della competizione elettorale per la carica di Rettore. Nel complesso, una competizione serena, anche se non sono purtroppo mancati alcuni episodi poco gradevoli e pressioni talvolta eccessive.
Sentiamo il bisogno – soprattutto nell’attuale rincorrersi di voci, che mira a predeterminare il risultato che solo lo spoglio di giorno 21 potrà in realtà rivelarci – di ribadire il nostro sostegno a Enrico Iachello.
Il suo programma si è rivelato il più rigoroso nell’affrontare i drammatici problemi del nostro Ateneo, a seguito della progressiva riduzione del fondo di finanziamento ministeriale, e nell'indicare la strada da percorrere per risolverli, evitando demagogia e promesse facili a dirsi e impossibili a mantenersi. Mettendo da parte conflitti interni più o meno legittimi e l’inutile ricerca di alibi, la sua proposta fa appello alla nostra responsabilità e al nostro impegno, l’unica leva su cui possiamo direttamente operare. In altri termini, ci invita a uno sforzo per cambiare il nostro Ateneo, senza affidarsi a proclami roboanti sì, ma vuoti. Sarebbe forse più comodo, apparentemente anche più conveniente, rifugiarsi nel solito slogan «piove, governo ladro», immaginando che i nostri problemi siano solo colpa degli altri. A tanti può anche fare piacere dipingere un quadro della situazione tanto tranquillizzante, quanto purtroppo non corrispondente alla realtà. A nostro avviso, si tratta di strade non percorribili, pena la definitiva marginalizzazione del nostro Ateneo e il default.
Occorre, piuttosto, individuare soluzioni concrete, immediate e fattibili, quali sono quelle prospettate da Enrico Iachello. La via da imboccare è quella, faticosa ma gratificante, del miglioramento della nostra qualità; ciò significa, anzitutto, fare diminuire il numero degli studenti fuori corso e aumentare la nostra produttività scientifica, fattori che ci hanno sin qui penalizzato nella distribuzione della quota premiale del fondo di finanziamento ministeriale. Da qui anche la proposta di una democrazia meritocratica (riservare l’elettorato passivo per la cariche accademiche, ma anche eventuali deleghe, ai colleghi posti nei primi due quartili delle graduatorie di merito).
La storia di Enrico Iachello, il suo percorso accademico e il suo impegno a servizio dell’Ateneo, prima da preside e ora da consigliere di amministrazione, hanno rivelato la sua piena dedizione alla nostra Istituzione, unita a un approccio rigoroso e ricco di saggia inventiva, tutte caratteristiche che lo rendono meritevole di essere alla guida del nostro Ateneo, un Ateneo che sia soggetto culturale attivo e propositivo, fattore di sviluppo del nostro territorio.

Salvo Adorno, Vicedirettore Dipartimento di Scienze Umanistiche
Gabriella Alfieri, Presidente Fondazione Verga, Accademica della Crusca, Dipartimento Scienze Umanistiche
Carmelo Crimi, Direttore Dipartimento di Scienze Umanistiche
Febronia Elia, componente CDA Ateneo
Marcello Lattuada, Dipartimento di Fisica e Astronomia
Ida Nicotra, Dipartimento Seminario Giuridico
Dario Palermo, Direttore Dipartimento di Scienze della Formazione
Giovanna Tempera, Direttore Dipartimento di Scienze Bio-Mediche


venerdì 15 febbraio 2013

Le priorità dell'Ateneo

Testo pubblicato (con qualche taglio editoriale per esigenze di spazio, qui proposto in versione integrale) su «La Sicilia» del 14 febbraio


Credo che la priorità ‘assoluta’ per la nostra Università, così come per il Paese, sia oggi quella di affrontare la situazione rappresentando correttamente la verità dei fatti ai propri interlocutori e, in particolare, al corpo elettorale, smettendola con la ‘fiera delle promesse’. Occorre porsi di fronte la realtà drammatica del Paese, e in esso della sua Università, se vogliamo uscire dalla crisi. Si richiedono uno sforzo e un impegno straordinario. Così come il nostro territorio vede messo a repentaglio il suo livello di benessere (meglio: quel che ne resta), anche il nostro Ateneo è a rischio.

Si esamini un dato: il contributo del Ministero (il cosiddetto FFO) assegnato all’Ateneo catanese è stimato, per il 2013, in circa 165 milioni di euro (corrisponde alla cifra del 1998); la spesa per i nostri stipendi è pari a 178 milioni. Per quest’anno, con i risparmi fatti in passato e con le riduzioni di spesa degli ultimi esercizi, riusciremo ancora a garantire un servizio adeguato. Dall’anno prossimo, la situazione può precipitare e rischiamo di essere costretti a indebitarci.
Questa è la verità. Che fare?

L’unica strada percorribile consiste nell’attingere sempre di più al fondo premiale del Ministero. Una parte crescente delle risorse ministeriali viene distribuita agli atenei in base ai risultati raggiunti; in particolare, rilevano i risultati della didattica (per adesso ‘misurati’ essenzialmente sulla regolarità del percorso di studio degli studenti) e la produttività della ricerca scientifica. Per entrambi i fattori, il nostro Ateneo può adoperarsi per migliorare il livello delle entrate: la media nazionale dei fuori corso è del 33,5 %, la nostra è superiore al 45%. Per la ricerca, i primi indicatori ci dicono che siamo sotto la media nazionale. Non sono dati che si possono cambiare rapidamente, ma appunto per questo disegnano un’emergenza da affrontare urgentemente e in modo rigoroso. Non abbiamo risorse da investire se non noi stessi. Dobbiamo impegnarci di più nella didattica e nella ricerca.

Sono necessari: 
a. più attività didattica e più tutorato;
b. personalizzare il percorso formativo dei fuoricorso, con uno scadenzario credibile per il conseguimento della laurea;
c. stabilire rapporti organici con le scuole per attivare iniziative di orientamento, ma anche di conoscenza del background studentesco (in modo da ‘calibrare’ le nostre lezioni).

Per la ricerca occorre:
a. dare vita a un osservatorio che ci consenta di ‘entrare’ nel merito di essa, in modo da individuare punti di aggregazione scientifica, ma anche in modo di orientarla in parte sulle esigenze del nostro territorio;
b. non avendo risorse sufficienti per incentivare economicamente chi produce migliore ricerca, dobbiamo riservare le cariche accademiche a chi occupa le posizioni più elevate (i primi due quartili) nelle graduatorie di produttività scientifica. Questo non è un ‘espediente’ per incentivare la produttività scientifica, ma un principio di coerenza per un Ateneo che deve puntare sempre più sulla qualità: il governo dell’Ateneo, a partire dal rettore, deve essere affidato ai docenti che questa qualità garantiscono con il loro lavoro.

Un’altra priorità del nostro Ateneo: ridefinire il nostro ruolo nel territorio, qualificandoci come risorsa per lo sviluppo. Negli anni in cui sono stato preside, il Monastero dei Benedettini è diventato punto di riferimento per l’attività culturale della città. In un dialogo con il Comune, la Provincia e soprattutto la Regione, occorre individuare nel settore dei beni culturali un settore strategico per lo sviluppo dell’Isola; ciò anche attraverso l’incentivazione di iniziative in sinergia pubblico/privato, che riconoscano all’Università il ruolo di leadership scientifica.

Più in generale, occorre dialogare sul serio con le organizzazioni imprenditoriali, sindacali, sociali, per comprendere di quali competenze il nostro territorio abbia bisogno; ciò vale per i corsi di laurea, e vale soprattutto per i master. Da qui bisogna ripartire anche per affrontare in modo positivo lo ‘scandalo’ della formazione nella nostra Regione: agli imprenditori e ai sindacati va richiesto un piano di formazione legato alle reali opportunità di inserimento nel mondo del lavoro; alle istituzioni universitarie può essere affidato l’accreditamento degli enti e il controllo di qualità dei corsi.

Uno dei punti di forza della presenza nel territorio dell'Ateneo è la sanità. Ma l’Ateneo vi interviene e deve potervi intervenire a partire dalla sua specificità: la formazione dei medici, cioè dando priorità a didattica e ricerca. L’assistenza è importante, ma nell’ambito di questa mission didattico-scientifica. Invece la Regione, tramite i suoi direttori, ha sinora spinto a forzare l’attività del Policlinico sul versante ospedaliero. Ma il Policlinico universitario o è un teaching hospital o non esiste. E chi formerà i medici di cui ha bisogno il nostro territorio? Occorre garantire un ‘governo clinico’ del Policlinico.

Per svolgere un ruolo di rilievo, l’Ateneo deve mobilitare al meglio il suo apparato amministrativo. Al direttore generale e alla dirigenza bisogna chiedere di fornire servizi sempre più efficienti, in grado di facilitare l’azione dei docenti. Occorre por fine ai punti di frizione tra burocrazia e docenza. Occorre, però, prendere atto che il rapporto di forze è del tutto a sfavore del personale tecnico-amministrativo, avendo meno tecnici e meno amministrativi degli altri atenei di dimensione pari alla nostra. Dobbiamo, nel reclutamento, tenere conto di ciò in modo adeguato, così come della necessità di stabilizzare i nostri ‘precari’. E per non fare demagogia, dico che le risorse possiamo prenderle solo dai risparmi stipendiali provenienti dal trasferimento sul bilancio regionale del personale del Policlinico. Circa 10 milioni di euro l’anno verranno così risparmiati a regime. Se non si fosse fatta questa operazione, se essa malauguratamente non fosse più possibile, il default sarebbe alle porte.
Enrico Iachello