Riparte il blog
(
http://www.enricoiachello.blogspot.it/),
strumento che mi ha consentito di sperimentare, con soddisfazione, un
nuovo modo di comunicare con la comunità universitaria (ma anche col
territorio) quando ho maturato il proposito di candidarmi alla carica
di rettore.
Riparte dopo un paio di
mesi, durante i quali ho riflettuto a lungo, analizzando l'evolversi
degli eventi seguiti all’elezione del nuovo rettore e proseguendo
nel mio impegno istituzionale di consigliere di amministrazione
dell'Ateneo. Riparte, perché mi sono detto che è opportuno,
soprattutto in un momento che impone scelte difficili, dare conto ai
colleghi, ma anche alla città, di quanto mi trovo a decidere, con
gli altri consiglieri, in quell'organismo (presieduto dal
rettore) a cui la legge conferisce, com’è noto, la responsabilità
(nel senso letterale e non solo politico del termine) del governo
dell’Ateneo.
Tra il 21 e il 28
febbraio scorsi, si è deciso, da parte mia e del prof. Giuseppe
Vecchio, di desistere dalla competizione elettorale per il rettorato:
un segnale di unità, per far sì che la comunità universitaria
riuscisse a trovare la compattezza necessaria per affrontare i
delicati e difficili problemi che l’Ateneo – insieme al Paese e
al sistema universitario nazionale – ha di fronte. Di qui la
decisione di dare piena fiducia al prof. Giacomo Pignataro (che aveva
ottenuto più voti al primo turno, seppure non corrispondenti alla
maggioranza del corpo elettorale), affidandogli, attraverso
un’elezione, al secondo turno, col contributo di tutti, il processo
di ricompattamento dell’Ateneo. Tale decisione è stata assunta con
la massima rapidità, per spegnere un confronto elettorale la cui
prosecuzione poteva risultare ‘divisiva’, il che non ha
consentito, visti i tempi stretti, di mettere mano, prima
dell’elezione del nuovo rettore, alla costruzione – insieme al
candidato Pignataro, beneficiario della desistenza – di un
programma delle cose da fare, tale da risultare condiviso dalle
diverse ‘anime’ dell’Ateneo, variamente rappresentate negli
organi collegiali. A questo compito, alla costruzione cioè di un
programma condiviso, non possiamo adesso sottrarci. E ciò vale, in
particolare, per quel che mi riguarda più direttamente, per l’organo
di cui faccio parte, il Consiglio di amministrazione, a cui compete –
per espressa previsione della legge di riforma – l’indirizzo
strategico dell’Ateneo.
La riapertura del blog
da parte mia si colloca all’interno di quella decisione ‘immediata’
e quindi mira a coinvolgere tutto l'Ateneo in questo processo di
costruzione del programma unitario, che, per essere reale, deve
riguardare tutte le componenti dell'Ateneo e trovare espressione
negli organi che lo governano: il Senato accademico e, appunto, il
Consiglio di amministrazione. Le dimissioni del past-rettore, il
prof. Antonino Recca, lette da tutti come un gesto apprezzabile di
sensibilità istituzionale, hanno accelerato l’insediamento del
prof. Pignataro e consentono di aprire da subito questo processo.
Ciascuno ora deve fare la sua parte, dai docenti al personale
tecnico-amministrativo, agli studenti, al Nucleo di valutazione, ai
componenti del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione,
al direttore generale, al rettore, nel rispetto delle competenze e
dei ruoli che la legge assegna a ciascuno di loro.
Nello svolgimento
del mio incarico, intendo sottoporre a verifica ampia e quotidiana il
mio contributo alla ricomposizione della nostra comunità. Con
chiarezza e franchezza: saranno i colleghi a orientare le mie scelte
di consigliere di amministrazione. La riapertura del blog serve
allora a cercare il confronto e il conforto (la legittimazione, se si
vuole) della comunità universitaria. Invito i colleghi a farmi
pervenire il loro contributo di idee; da parte mia, la massima
disponibilità a condividere il mio blog con tutti coloro che
vorranno intervenire: questo spazio è a disposizione di tutti coloro
che, con serenità e con spirito collaborativo, vorranno arricchirlo.
La ricomposizione, con
il coordinamento del nuovo rettore, non può avvenire – credo sia
chiaro a tutti – attraverso astratti proclami, ma deve
concretizzarsi in un percorso di condivisione delle scelte difficili
che la situazione impone al nostro Ateneo. Messe da parte le
polemiche e risolti i conflitti che pur ci sono stati (e laddove
permanessero motivi di attrito sarà bene esplicitarli e cercare di
risolverli con la serenità di una fase non più elettorale,
attraverso un confronto positivo), occorre fare fronte a una
situazione che è davvero drammatica. Anche in recenti interviste
rilasciate agli organi di informazione, il rettore ha sottolineato le
difficoltà in cui ci troviamo, difficoltà che avevo peraltro già
evidenziato durante i dibattiti elettorali. «Le risorse che ci
trasferisce lo Stato, – ha dichiarato Pignataro – da quest’anno,
non saranno più sufficienti a pagare gli stipendi». Non è l'unico
problema, ma evidentemente è ‘il problema’; esso impone una
gestione oculata del bilancio e costringe appunto a scelte dolorose.
È giusto, di più, credo, è necessario, che i dipartimenti siano
coinvolti di fronte alle scelte più delicate. Vanno cioè informati
e, a mio avviso, richiesti di esprimersi in modo che il Senato e il
Consiglio, ognuno per quanto di propria competenza, possano
deliberare, sia pure in piena autonomia, consapevoli degli
orientamenti prevalenti in Ateneo.
LA VICENDA
POLICLINICO
Uno dei problemi più
scottanti che ci troviamo di fronte, che richiede l’individuazione
di una soluzione condivisa, riguarda la vicenda del personale
passato al Policlinico a partire dal 1 marzo 2012, di cui si è
discusso durante la campagna elettorale, ma che è opportuno
affrontare ora con la concretezza e con la serenità necessarie. Non
ho posizioni pregiudiziali sulla questione, ma vorrei che a tutti
fosse chiara nella sua portata e nelle conseguenze drammatiche che
potrebbero derivare da scelte sbagliate. L’unico principio che mi
guida è l’interesse dell’Ateneo. E poiché sono convinto che
questo è un principio che tutti condividiamo, confido in un
confronto sereno.
Ricordo, anzitutto a me
stesso, che tale vicenda origina dal vigente protocollo d’intesa
fra la Regione Siciliana e l’Università di Catania. In
particolare, l’art. 14, n. 6, del protocollo d’intesa rinviava a
successive e specifiche intese tra i due enti la definizione di un
percorso giuridico-amministrativo per far sì che il personale
universitario impegnato in attività assistenziali fosse assorbito
dall’azienda Policlinico. In virtù di tale previsione
protocollare, l’assessore della Salute della Regione Siciliana e il
rettore pro tempore dell’Ateneo catanese hanno siglato, nel
dicembre 2011, un accordo quadro (di attuazione dell’art. 14, n. 6,
del protocollo d’intesa) che ha demandato a intese dirette tra
l’Ateneo e il Policlinico il passaggio dall’una all’altra
istituzione del personale interessato. A tale accordo quadro ha fatto
seguito l’accordo attuativo del 27 febbraio 2012, che ha prodotto
il trasferimento di cui sopra, con effetti giuridici immediati (dal 1
marzo 2012 il personale è alle dipendenze dell’azienda
Policlinico, da cui viene regolarmente retribuito) e con effetti
finanziari, corrispondenti al costo stipendiale del personale,
spalmati nell’arco del quinquennio 2012-2016, con riduzione
progressiva della quota a carico dell’Università pari a un quinto
del costo complessivo del personale in ragione di ciascun anno.
Va precisato che
l’accordo attuativo, la cui piena legittimità è stata acclarata
con un provvedimento positivo della Commissione di certificazione
dell’Università di Venezia, non ha in alcun modo intaccato il
trattamento economico-normativo goduto da ciascuno dei dipendenti
trasferiti, i quali sono persone che già da tempo lavoravano presso
il Policlinico, per le quali l’Università si è limitata, sino al
marzo 2012, a pagare somme equivalenti all’ammontare degli stipendi
universitari, senza trarne alcuna effettiva controprestazione
lavorativa. In sostanza, è il costo stipendiale che è stato
correttamente trasferito dal sistema universitario al Policlinico,
giacché è proprio il sistema sanitario che si è avvalso e continua
ad avvalersi del contributo professionale di tali risorse umane.
Lo stato di cose di cui
sopra – derivante da un accordo quadro bilaterale, di diritto
privato, posto in essere dalla Regione Siciliana d’intesa con
l’Università di Catania – è stato revocato unilateralmente, con
atto di diritto pubblico, dall’Assessorato regionale della Salute,
su sollecitazione dei Ministeri della Salute e dell’Economia, sulla
base di un presunto aggravio di spesa pubblica, prodotto dal
trasferimento. Tale aggravio di spesa è invero inesistente: la
spesa pubblica, corrispondente agli stipendi versati a favore del
personale operante presso il Policlinico, è rimasta la stessa, pur
se finalmente posta a carico dell’ente (la Regione Siciliana, e per
essa il Policlinico) che si avvale (e si è sempre avvalso) delle
prestazioni professionali del personale trasferito. L’Università
di Catania, pertanto, ha prontamente reagito, con delibere del
Consiglio di amministrazione, a tali decisioni dell’Assessorato
regionale, evidentemente lesive del buon diritto e degli interessi
della comunità universitaria, e – in sintonia con le Università
di Messina e di Palermo – si è già premurata di depositare un
ricorso al TAR (preconizzato dall’allora coordinatore del Comitato
regionale universitario della Sicilia, prof. Roberto Lagalla),
confortata dalla recentissima giurisprudenza amministrativa in
materia di accordi bilaterali tra enti pubblici.
L’Università di
Catania, pur confidando ragionevolmente in un esito favorevole del
ricorso al TAR, si era già detta disponibile anche
all’individuazione di una soluzione transattiva della vicenda, che
tuttavia salvaguardi i legittimi interessi dell’Ateneo catanese, e
ha anzi sollecitato in tal senso un intervento di mediazione dei
ministeri interessati (cfr. delibera del 7 gennaio 2013).
Ma quali sono gli
interessi in gioco, i vantaggi prodotti dal trasferimento del marzo
2012, a cui l’Università dovrebbe rinunciare qualora decidesse di
azzerare il risultato dell’intesa allora raggiunta con la Regione
Siciliana? Si tratta di vantaggi di indubbio rilievo, a cui è
assai difficile rinunciare, soprattutto in considerazione del momento
di grave difficoltà finanziaria in cui versano gli atenei, compreso
il nostro.
Il costo stipendiale,
annuale e complessivo, del personale passato al Policlinico è di €
9.231.036,28. Tale costo sarà interamente a carico del
Policlinico nel 2016, ma già nel 2012 l’Ateneo ha risparmiato €
1.842.607,26, e nel 2013 risparmierà € 3.685.214,51 (saranno circa
5,5 i milioni di euro risparmiati nel 2014, e circa 7,4 quelli che si
risparmieranno nel 2015). Un bel po’ di denaro, quindi, che
l’Ateneo potrà ben impiegare, sulla base delle scelte che verranno
operate dagli organi di governo, orientati dalla comunità
universitaria, anzitutto per salvaguardare il proprio equilibrio di
bilancio (e per assicurare così anche il pagamento degli stipendi,
oggi messo in dubbio anche dal rettore), ma anche – ove le
condizioni economiche lo consentissero – per finanziare i nuovi
dottorati di ricerca (nel rispetto di quanto stabilito dalle norme di
riforma degli stessi), per supportare le iniziative di ricerca di
Ateneo, per garantire il mantenimento del nostro patrimonio
bibliografico (anche alla luce di un finanziamento regionale che sta
via via scomparendo), per pagare eventualmente integralmente gli
incarichi di insegnamento (quelli svolti dai ricercatori a tempo
indeterminato, ma anche quelli aggiuntivi al carico didattico
assicurati dai professori ordinari e associati, e dai ricercatori a
tempo determinato), per migliorare il livello e la qualità dei
servizi tecnico-amministrativi. E si tratta soltanto di un elenco di
esigenze, che mi viene da fare a una prima approssimazione, da
integrare con le indicazioni che mi proverranno dai colleghi della
comunità universitaria.
Ma v’è di più.
Il passaggio al Policlinico ha prodotto cessazioni nel 2012
corrispondenti a 70,15 punti organico (che si sommano ai 62,10 punti
organico derivanti dalle altre cessazioni avvenute nel 2012). Di
qui, tenuto conto delle norme di legge in vigore e di quanto avvenuto
nel 2012, l’Ateneo può contare – in virtù del passaggio al
Policlinico – su circa 11 punti organico per assunzioni nel
corso del 2013, da destinare alla stabilizzazione di circa 45
unità di personale tecnico-amministrativo attualmente con rapporto
di lavoro a tempo determinato (TD e PUC). Altri 10 punti
organico (derivanti dalle altre cessazioni 2012) resterebbero liberi,
per essere utilizzati dai dipartimenti, individuato quanto prima un
criterio di distribuzione condiviso (che va urgentemente stabilito
anche per i 18 posti di ricercatore di tipo A già
programmati), al fine di dare risposta alle aspettative dei precari
della ricerca (giovani, già ricercatori e assegnisti, che aspirano a
una stabilizzazione attraverso un contratto di ricercatore di tipo B
e altri giovani che aspirano al primo ingresso nel mondo della
ricerca universitaria attraverso un contratto di tipo A), nonché ai
professori associati che guadagneranno l’abilitazione a ordinario
(laddove, invece, gli abilitati ad associato potranno contare sui
32,40 punti organico assegnati all’Ateneo attraverso il
piano straordinario per la chiamata dei professori associati).
Enrico
Iachello